Dissocial Network – Nella società dell’immagine e dei social, dello storytelling, delle immagini photoshoppate, è difficile riconoscere l’identità reale di un interlocutore.
Per questo, spesso non importa chi sei, ma come ti racconti.
Qual è l’immagine che diamo di noi in una conversazione online ?
Chi sei?
L’identità dell’interlocutore in una conversazione online o in un profilo social è quanto di più sfuggente si possa immaginare.
Vuoi mantenere l’anonimato? Nella maggior parte delle applicazioni è possibile. Vuoi presentarti come una persona diversa da quella che sei?
La legge e la correttezza nei rapporti non lo consentono, ma purtroppo sono molti quelli che si lanciano in questo pericoloso gioco dell’identità.
Risultato: è sempre più problematico misurarsi realmente con chi si ha di fronte, valutare le sue attitudini, poter comprendere le sue reazioni.
Intavolare una conversazione con questi presupposti può rappresentare una sfida divertente, ma è certo imprevedibile.
E, soprattutto, ben difficilmente conduce a instaurare un autentico rapporto umano.
Come ti racconti?
Qual è l’immagine che diamo di noi in una conversazione online o presentandoci su un social?
Gli elementi di valutazione sono, spesso volutamente, molto ridotti.
Forse emergono in modo abbastanza chiaro le abitudini di consumo e l’attitudine ai rapporti sociali.
Difficilmente si riuscirebbe a valutarne le aspettative, la provenienza sociale, lo spessore culturale.
Tutto riesce naturalmente più problematico se è l’interlocutore stesso a confondere le acque, magari giocando sulle ambiguità e le reticenze che un rapporto puramente virtuale può consentire.
Nel sottile e pericoloso gioco dell’affermazione e della negazione dell’identità,
tutti i particolari possono apparire nitidi e allo stesso tempo assolutamente enigmatici.
Come valutare davvero chi si presenta in una conversazione virtuale, o anche in un rapporto diretto che voglia risultare intenzionalmente ambiguo?
Puntare in ogni caso al “chi sei” può fornire la risposta.