La solitudine è un sentimento profondamente umano, una sensazione che, a differenza della solitudine volontaria, non viene scelta, ma ci travolge. È una sensazione dolorosa che nasce dalla percezione che le nostre relazioni non siano sufficienti a soddisfare i nostri bisogni emotivi. Ma in un mondo sempre più connesso dai social media, la solitudine sembra essere in aumento. Questa contraddizione ci porta a chiederci: i social media ci rendono più soli?
La contraddizione della connessione
I social media sono nati come strumenti per connettere le persone, per permetterci di rimanere in contatto con amici e familiari, indipendentemente dalla distanza fisica. Tuttavia, numerosi studi indicano che, paradossalmente, l’uso intensivo dei social media può aumentare i sentimenti di solitudine. Uno studio condotto da Wang et al. (2020) ha rilevato che trascorrere troppo tempo a scorrere le immagini della felicità altrui sui social media può alimentare sentimenti di solitudine e angoscia, forse guidati dalla gelosia e dal confronto sociale.
Quando utilizziamo i social media per mantenere i contatti, spesso ci aspettiamo di sentirci meno soli. Tuttavia, queste interazioni virtuali possono risultare superficiali e insufficienti per soddisfare il nostro bisogno di connessione profonda e autentica. Bonsaksen et al. (2023) hanno evidenziato come le interazioni sui social media, anche se frequenti, non siano un sostituto adeguato per le conversazioni faccia a faccia e le esperienze condivise.
La solitudine come bisogno umano
La solitudine può essere vista come un “desiderio di connessione”. In questo senso, non è necessariamente una cosa negativa; è una spinta naturale che ci incoraggia a cercare il contatto con gli altri. Proprio come la fame ci spinge a mangiare per ottenere nutrienti, la solitudine ci spinge a tendere la mano verso gli altri. Tuttavia, se questa spinta non viene soddisfatta in modo adeguato, può trasformarsi in disagio e dolore acuto.
Nel libro This Exquisite Loneliness, Richard Deming esplora la solitudine non solo come un’esperienza dolorosa, ma anche come una forza creativa. Deming sottolinea che la solitudine, sebbene spesso associata alla vergogna e alla paura, può anche essere un motore per la creatività e l’innovazione. Scrittori, artisti e pensatori hanno spesso trasformato la loro solitudine in opere che hanno toccato profondamente gli altri, offrendo conforto e riconoscimento dei sentimenti altrui.
I social media: un’illusione di connessione?
I social media, quindi, possono essere paragonati a “calorie emotive vuote”. Se la solitudine è una fame di connessione, i social media possono essere paragonati a una confezione di biscotti: offrono un’immediata gratificazione, ma non soddisfano davvero il nostro bisogno più profondo. Spesso, i social media manipolano la nostra percezione della realtà. Vediamo versioni idealizzate della vita degli altri: persone che sembrano sempre felici, realizzate e in compagnia. Questo confronto tra le loro vite apparentemente perfette e le nostre esperienze quotidiane può aumentare i sentimenti di inadeguatezza e solitudine.
Inoltre, c’è il problema della discrepanza tra l’immagine che curiamo di noi stessi sui social media e come ci sentiamo realmente. Questa distanza tra il reale e l’ideale può esacerbare la nostra solitudine, facendoci sentire come se non stessimo vivendo all’altezza delle aspettative sociali che noi stessi contribuiamo a creare.
La solitudine nella società moderna
La solitudine sembra essere in aumento nella società moderna, ma è importante chiedersi: la solitudine sta davvero aumentando, o siamo diventati semplicemente più consapevoli di essa? Forse entrambe le cose sono vere. La vita moderna ha certamente ridotto molte forme tradizionali di interazione sociale. Le persone si spostano più frequentemente per lavoro, allontanandosi dalla famiglia e dagli amici di lunga data, e l’ascesa del lavoro da remoto ha eliminato gran parte delle interazioni quotidiane che avvenivano sul luogo di lavoro.
I social media, nonostante le loro promesse di connessione, possono quindi contribuire a questo isolamento. In un certo senso, la tecnologia ha creato l’illusione di una connessione globale, mentre in realtà potrebbe aver ridotto la qualità delle nostre interazioni sociali.
Che cosa possiamo fare?
La solitudine, come sottolinea Deming, non è qualcosa che scegliamo, ma è una condizione che possiamo affrontare e, in qualche modo, trasformare. Potremmo rivedere attivamente la nostra narrazione della solitudine, considerandola non solo come un problema da risolvere, ma anche come un’opportunità per comprendere meglio noi stessi e gli altri. Ad esempio, possiamo utilizzare la solitudine come un’occasione per riflettere su ciò che veramente desideriamo nelle nostre relazioni e per costruire connessioni più profonde e significative.
Inoltre, è importante ricordare che, nonostante la tendenza a isolarsi, gli esseri umani hanno una capacità innata di connettersi con gli altri. Trovare modi per coltivare queste connessioni, anche in un mondo digitalizzato, può essere una chiave per combattere la solitudine. Potremmo ad esempio limitare il tempo trascorso sui social media e concentrarci invece su incontri faccia a faccia, conversazioni telefoniche significative o attività comunitarie.