La terapia per l’ansia come cambia il cervello, ma soprattutto come funziona?
In realtà ancora non sappiamo esattamente come funzioni, in quanto sono molti i fattori di rilievo che permettono di modificare le risposte emotive, desensibilizzare al trauma, aumentare la consapevolezza di sé e ottimizzare lo stile di vita.
L’ansia è un problema comune e in crescita, nonché parte fondamentale di molte condizioni psichiatriche, e poiché è un potente motore del comportamento e del coping, è essenziale per noi capire cosa accade nel cervello quando la terapia funziona.
Il modo in cui affrontiamo l’ansia è di fondamentale importanza. Un’ansia eccessiva o mal gestita può interferire con la terapia e minarne i processi e l’efficacia.
La comprensione neurobiologica, inoltre, consente di affinare gli sforzi terapeutici futuri e identificare obiettivi comuni per la terapia, trattamenti biologici e nuovi interventi, tra cui la stimolazione magnetica transcranica (TMS) e altre forme di stimolazione cerebrale non invasiva (NIBS).
Una nuova metanalisi identifica quattro aree chiave cerebrali per ridurre l’ansia.
I ricercatori Shrammen et al. hanno pubblicato i risultati di un’ampia metanalisi sulla rivista Neuroscience and Biobehavioral Reviews (2022) in una raccolta di documenti di ricerca di alta qualità.
Il campione finale della ricerca includeva 22 set di dati, inclusi 419 partecipanti, incentrati sulla terapia cognitivo comportamentale (CBT) o sulla terapia dell’esposizione (usata per trattare la paura). Tutti gli studi hanno riportato una significativa riduzione dei sintomi d’ansia.
In termini di attività cerebrale, sono state riscontrate differenze in quattro aree: la corteccia cingolata anteriore (ACC), l’insula destra e la circonvoluzione frontale media sinistra e destra (MFG), con attività di picco nella corteccia prefrontale dorsolaterale (DL-PFC), cioè la regione interessata dal trattamento TMS della depressione e dell’ansia.
Sono state trovate, inoltre, correlazioni significative con la riduzione dell’ansia e la riduzione di attività nell’area motoria supplementare sinistra (SMA) una delle regioni di riferimento nella TMS per il trattamento del disturbo ossessivo compulsivo.
Cosa ci dicono i risultati della ricerca?
Questi risultati sintetizzano e confermano il lavoro precedente, ponendo le basi per studi futuri. I pazienti trattati con la terapia che mostrano una ridotta ansia mostrano anche una ridotta attività nel sistema limbico, che include aree cerebrali come l’amigdala, note per essere iperattive in situazioni di minaccia e angoscia.
Ugualmente, diminuisce l’attività nell’insula, un’area del cervello correlata al disgusto fisico ed emotivo. Insieme, l’ACC e l’insula possono fare rete in quanto l’ACC agisce come meccanismo di controllo sulle regioni limbiche emozionali, aiutando a regolare e sopprimere le emozioni negative eccessive.
Anche l’attività nella regione della corteccia prefrontale (DL-PFC), iperattiva nella regolazione dell’ansia, è stata ridotta.
Non esiste una quindi “area dell’ansia” autonoma, ma una complessa interazione di molte regioni del cervello. Questo fornisce potenti strumenti concettuali per comprendere il benessere, la malattia e il trattamento.
Direzioni future
Affrontare la deregolazione emotiva è un’attività volontaria che si apprende nel tempo, non così diversa dall’imparare a svolgere un’attività fisica come ballare o fare il giocoliere, pur non essendo così concreta.
I progetti di studio futuri potrebbero esaminare in che modo interventi specifici influiscono sull’attività cerebrale. Capire cosa funziona meglio e per chi è fondamentale per personalizzare il trattamento.
Inoltre, comprendere come il cambiamento delle “abitudini della personalità” cambia il cervello è fondamentale per aiutare le persone con disturbi della personalità a sentirsi meglio nella vita e nelle relazioni.
Tuttavia, anche la tradizionale “terapia psicodinamica”, radicata nella psicoanalisi e non trattata nella metanalisi di cui sopra, si è dimostrata altamente efficace (Shedler, 2010).
È necessaria una ricerca futura che esamini un insieme più ampio di terapie per comprendere i percorsi comuni e i modi in cui funzionano in modo diverso per comprendere a fondo e personalizzare i trattamenti su base individuale.