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Paura e ansia: una ricerca ci svela come ci influenzano

Una nuova ricerca condotta dal ricercatore Dean Mobbs e pubblicata sull’ultimo numero della rivista Nature Human Behaviour ha scoperto che la paura e l’ansia sono entrambe risposte al pericolo, ma… lo sono in tempi diversi.

In particolare– afferma il neuroscienziato – la paura colpisce una persona quando la minaccia è imminente: si pensi al caso di una tigre che salta la recinzione di uno zoo e ci afferra. Di contro, l’ansia si verifica quando si ha un momento per considerare la minaccia: si pensi, per riprendere l’esempio precedente, al caso di una tigre in lontananza che si sta avvicinando e si ha – dunque – il tempo di pensare se correre o nascondersi.

La ricerca di Mobbs mostra pertanto per la prima volta come il cervello di individui ansiosi possa reagire alle minacce di pericolo imminente (basato sulla paura) e più lontano (basato sull’ansia). I risultati indicano che la maggior parte degli individui, ansiosi o meno, risponde alle minacce imminenti allo stesso modo, “fuggendo” dal pericolo. Tuttavia, quando si tratta di minacce che possiamo percepire in arrivo, e dinanzi alle quali possiamo assumere un atteggiamento più consapevole, il livello di ansia di una persona fa la differenza: più è ansiosa, più è probabile che fugga da una situazione pericolosa.

Se dici a una persona ansiosa che c’è una tigre nel palazzo, allora probabilmente vorrà uscire dall’edificio il più velocemente possibile“, dice Dean Mobbs. “E questo meccanismo lo possiamo finalmente vedere nel cervello, con gli individui ansiosi che mostrano un’attività più veloce e più forte nei circuiti d’ansia del loro cervello quando si presentano dinanzi a loro delle minacce di attacco in arrivo”.

Lo studio si basa peraltro su un precedente lavoro di Mobbs e colleghi, che ha voluto osservare i circuiti di azione della paura e dell’ansia nel cervello umano. Per rilevare ciò, ai volontari è stato domandato di giocare a un videogioco in cui il protagonista era oggetto di attacchi improvvisi da parte di un “predatore virtuale”, mentre una risonanza magnetica funzionale misurava l’attività cerebrale. L’obiettivo dei partecipanti era evidentemente quello di sfuggire all’attacco del predatore virtuale: più a lungo hanno aspettato dinanzi all’attacco imminente, più soldi guadagnavano. Ma, evidentemente, se attendevano troppo a lungo e venivano catturati, subivano come penalità una scossa elettrica alla mano.

Ebbene, la ricerca ha dimostrato che le minacce imminenti hanno portato a reazioni nel circuito della paura, situato nella parte centrale del cervello, mentre le minacce più lente, al contrario, hanno portato a risposte più vicine alla parte anteriore del cervello, nel circuito dell’ansia.

About Roberto Rossi

Mi chiamo Roberto Rais, Giornalista pubblicista, da diversi anni  specializzato in tematiche legate alla psicologia, alla motivazione e al wellness psico-fisico. Collaboro con alcuni magazine online di settore, prestando la mia consulenza editoriale anche ad agenzie di stampa e siti web"

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