Far “pensare” i computer come se fossero degli esseri umani è uno dei fini ultimi dell’intelligenza artificiale. Tuttavia, almeno fino ad ora, i cervelli umani si rivelano essere molto difficili da replicare: il cervello umano è infatti ineguagliabile nell’applicare la conoscenza appresa in precedenza a nuove situazioni e nel raffinare costantemente ciò che è stato appreso. E questa capacità di adattamento è piuttosto difficile da replicare nelle macchine.
Ora, i ricercatori di Salk hanno usato un modello computazionale dell’attività cerebrale per simulare questo processo in un modo che probabilmente non è mai stato così accurato. Il nuovo modello imita il modo in cui la corteccia prefrontale del cervello utilizza un fenomeno noto come “gating” per controllare il flusso di informazioni tra le diverse aree dei neuroni, e non solo riesce a far luce sul cervello umano, ma potrebbe anche informare la progettazione di nuovi programmi di intelligenza artificiale.
“Se riuscissimo a scalare questo modello fino ad essere utilizzato in sistemi di intelligenza artificiale più complessi, tutto ciò potrebbe permettere a questi sistemi di imparare le cose più velocemente o di trovare nuove soluzioni ai problemi“, afferma Terrence Sejnowski, capo del Laboratorio di Neurobiologia Computazionale di Salk e autore senior del nuovo lavoro, pubblicato lo scorso mese.
Il cervello degli esseri umani e di altri mammiferi è noto per la sua capacità di elaborare rapidamente gli stimoli – viste e suoni, per esempio – e di integrare qualsiasi nuova informazione in ciò che il cervello già conosce. Questa flessibilità di applicare la conoscenza a nuove situazioni e di imparare continuamente per tutta la vita è stata a lungo un obiettivo dei ricercatori che progettano programmi di machine learning o cervelli artificiali. Storicamente, invece, quando ad una macchina viene insegnato a fare un compito, è difficile per la macchina imparare ad adattare quella conoscenza ad un compito simile: ogni processo correlato deve essere insegnato individualmente.
Nello studio attuale, il gruppo di Sejnowski ha progettato una nuova struttura di modellazione computazionale per replicare come si comportano i neuroni nella corteccia prefrontale – l’area del cervello responsabile del processo decisionale e della memoria di lavoro – durante un test cognitivo noto come Wisconsin Card Sorting Test. In questo test, i partecipanti devono ordinare le carte per colore, simbolo o numero – e adattare costantemente le loro risposte al variare della regola di ordinamento delle carte. Questo test è usato clinicamente per diagnosticare demenza e malattie psichiatriche, ma è anche usato dai ricercatori di intelligenza artificiale per valutare quanto i loro modelli computazionali del cervello possano replicare il comportamento umano.
I precedenti modelli della corteccia prefrontale non hanno svolto bene questo compito. La struttura del team di Sejnowski, tuttavia, ha integrato il modo in cui i neuroni controllano il flusso di informazioni in tutta la corteccia prefrontale attraverso il gating, delegando diversi pezzi di informazioni a diverse sottoregioni della rete. Si pensava che il gating fosse importante su piccola scala – nel controllare il flusso di informazioni all’interno di piccoli gruppi di cellule simili – ma l’idea non era mai stata integrata nei modelli attraverso l’intera rete.
La nuova rete non solo ha funzionato in modo affidabile come gli esseri umani nel Wisconsin Card Sorting Task, ma ha anche imitato gli errori visti in alcuni pazienti. Quando sezioni del modello sono state rimosse, il sistema ha mostrato gli stessi errori visti in pazienti con danni alla corteccia prefrontale, come quelli causati da traumi o demenza.
Se i ricercatori riuscissero a disporre di una migliore comprensione di come le regioni della corteccia prefrontale lavorano insieme, questo potrebbe aiutare a evolvere nuovi interventi utili a trattare le lesioni cerebrali, e potrebbe dunque suggerire quali aree colpire con la stimolazione cerebrale profonda.