Gli scienziati hanno compiuto un importante passo in avanti nella ricerca utile per comprendere quali sono gli intricati processi che si verificano nel cervello durante le convulsioni che sono il sintomo chiave dell’epilessia.
In particolare, un gruppo di ricercatori dell’Università di Exeter ha studiato quali siano i meccanismi dietro i modelli distintivi dell’attività elettrica di gruppi di neuroni nel cervello che accompagnano l’inizio delle crisi.
Nei cervelli sani, in particolar modo, le reti di neuroni si muovono attraverso stati di comportamento simile – noto come sincronizzazione – e comportamento dissimile, chiamato desincronizzazione. Questi processi sono anche associati alla memoria e all’attenzione.
Tuttavia, in un cervello con un disturbo neurologico, come l’epilessia, questa sincronizzazione può crescere fino a una misura quasi pericolosa, quando un insieme di cellule cerebrali inizia a emettere elettricità in eccesso.
In questo contesto, in una serie di nuovi studi pubblicati recentemente in PLoS Computational Biology e nel SIAM Journal on Applied Dynamical Systems, il team di ricerca ha utilizzato un sofisticato approccio di modellazione matematica per esplorare l’interazione tra gruppi di neuroni, che porta a transizioni nei cambiamenti di sincronizzazione.
Jennifer Creaser, co-autrice dello studio e dell’Università di Exeter ha specificato che ritiene come la sincronizzazione sia importante per l’elaborazione delle informazioni, ma “troppa sincronizzazione – come quella che si verifica nelle crisi epilettiche o nel morbo di Parkinson – è associata a stati patologici e può compromettere la funzione del cervello“.
Lo studio, che ha avuto luogo presso l’Engineering and Physical Science Research Council’s Centre for Predictive Modelling in Healthcare dell’Università di Exeter e dell’Università di Birmingham, ha usato una versione estesa di un modello matematico esistente che rappresenta il cervello come una rete che collega più nodi di gruppi di neuroni.
La rete del modello consiste di nodi bi-stabili, nel senso che ogni nodo può passare tra due stati stabili. Questi nodi rimangono nel loro stato attuale finché non ricevono uno stimolo che dà loro il “calcio” appropriato per passare all’altro stato. Questo stimolo proviene sia da altri nodi collegati sia sotto forma di “rumore” – fonti esterne di attività neurale, come le risposte endocrine che sono associate a uno stato emotivo o i cambiamenti fisiologici dovuti alla malattia. L’aggiunta di una piccola quantità di rumore al sistema ha fatto sì che ogni nodo passasse allo stato attivo – ma la geometria del sistema era tale che il ritorno allo stato di riposo richiedeva molto più tempo dell’uscita.
In precedenza, il team di ricerca aveva già scoperto che questo porta a una cascata di fughe verso lo stato attivo – un po’ come una linea di domino in caduta – che diffonde l’attività in tutta la rete. Ebbene, la nuova ricerca si basa proprio su questo “effetto domino” per identificare le circostanze che portano a questi cambiamenti nella sincronia e studiare come il tipo di accoppiamento in una rete influenza il suo comportamento.
In questo modo i ricercatori hanno scoperto che, nel momento in cui il modello è stato in grado di incorporare un accoppiamento di ampiezza e fase più generale, la sincronia dei nodi potrebbe cambiare tra fughe consecutive durante l’effetto domino.
Il professor Peter Ashwin, coautore dello studio ha così commentato: “Anche se questo è uno studio teorico di un modello idealizzato, è ispirato dalle sfide poste dalla comprensione delle transizioni tra attività sana e patologica nel cervello”. La professoressa Krasimira Tsaneva-Atanasova, anch’essa coautrice dello studio, ha quindi sostenuto: “La modellazione matematica dell’inizio e della propagazione delle crisi può non solo aiutare a scoprire i complessi meccanismi sottostanti alle crisi, ma anche fornire un mezzo per permettere agli esperimenti in silico di prevedere l’esito della manipolazione dei sistemi neurali”.