Sapere quando è il momento di mangiare e quando smettere di farlo è importante mantenersi in buona salute e, evidentemente, questo è valido sia per gli esseri umani che per gli animali.
In questo contesto, i ricercatori del Max Planck Institute for Biological Intelligence hanno studiato come il cervello regola il comportamento alimentare nei topi e hanno scoperto che l’ormone grelina attiva cellule nervose specializzate in una regione del cervello nota come amigdala. Qui, l’interazione tra la grelina e i neuroni specializzati promuove il consumo di cibo e trasmette la fame e le sensazioni piacevoli e gratificanti associate al mangiare.
La fame
La fame è notoriamente una sensazione molto forte, con importanti basi biologiche: segnala infatti al corpo di cercare il cibo, un comportamento cruciale per prevenire la fame e garantire la sopravvivenza. Quando abbiamo fame, infatti, desideriamo il cibo e quando finalmente riusciamo a mangiare, il nostro corpo ci ricompensa con sensazioni piacevoli e uno stato generale di felicità.
Una rete di circuiti cerebrali e di vie di segnalazione orchestra il comportamento alimentare di uomini e animali ed elicita le sensazioni associate. Uno degli attori centrali di questa rete è l’ormone grelina: viene rilasciato dalle cellule dello stomaco quando gli esseri umani e gli animali sono affamati o a digiuno e promuove il comportamento alimentare.
Il dipartimento di Rüdiger Klein del Max Planck Institute for Biological Intelligence studia le reti cerebrali che sono alla base del comportamento alimentare nei topi. A tal fine, i ricercatori hanno condotto un’analisi approfondita dei diversi tipi di cellule in una regione del cervello nota come amigdala centrale. “In precedenza, l’amigdala era stata studiata soprattutto nel contesto di sentimenti come la paura e la ricompensa, mentre si pensava che la regolazione dell’alimentazione avvenisse in parti diverse del cervello, come l’ipotalamo“, spiega Christian Peters, ricercatore post-dottorato del dipartimento.
Come funzionano le cellule del cervello
Peters e i suoi colleghi hanno analizzato le singole cellule dell’amigdala centrale, studiando le molecole di RNA messaggero, ovvero le copie funzionanti dei geni delle cellule. L’analisi ha rivelato che le cellule sono organizzate in nove diversi gruppi cellulari. Alcuni di questi gruppi promuovono l’appetito, mentre altri lo inibiscono, e regolano la loro produzione di RNA messaggero quando i topi sono alimentati o a digiuno.
“Ora abbiamo una comprensione molto migliore della diversità dei tipi di cellule e dei processi fisiologici che promuovono l’alimentazione nell’amigdala centrale“, afferma Rüdiger Klein. “La nostra ricerca scopre per la prima volta che l'”ormone della fame” grelina agisce anche sulle cellule dell’amigdala centrale“. Lì, attiva un piccolo sottoinsieme di gruppi di cellule, contrassegnate collettivamente dalla presenza della proteina Htr2a, per aumentare l’alimentazione.
Molteplici funzioni della grelina
Gli scienziati hanno scoperto che i neuroni Htr2a si attivavano dopo un digiuno notturno o quando venivano stimolati dall’ormone grelina. Le cellule hanno risposto anche quando i ricercatori hanno presentato del cibo ai topi. “Pensiamo che la grelina svolga molteplici funzioni“, spiega Christian Peters. “Quando i topi hanno fame, la grelina attiva le regioni cerebrali appetitive per predisporre gli animali a mangiare. Inoltre, l’ormone aumenta l’attività dei circuiti cerebrali, come l’amigdala, che conferiscono ricompense, il che rappresenta probabilmente un incentivo a mangiare altro cibo“. In questo modo, la grelina aumenta l’appetibilità del cibo in proporzione al grado di sazietà attuale dei topi.
Dopo una dieta a digiuno, quando gli animali erano molto affamati, l’attività dei neuroni Htr2a non era necessaria per iniziare a nutrirsi, presumibilmente perché il sapore del cibo è meno importante in queste condizioni. “Altri circuiti cerebrali, ad esempio l’ipotalamo, che regolano il metabolismo del corpo, prendono il sopravvento e segnalano ai topi che è importante mangiare per sopravvivere“, spiega Christian Peters.
Sentirsi affamati o sazi ha un profondo impatto sul benessere fisico ma anche emotivo, come probabilmente tutti sanno dal piacere associato al consumo di cibi gustosi. “Le reti neuronali che trasmettono queste sensazioni sono ovviamente collegate a quelle che controllano l’alimentazione, ma non è ancora del tutto chiaro come si influenzino a vicenda“, afferma Rüdiger Klein.
“Se riusciremo a capire queste connessioni, potremo comprendere meglio i processi neuronali coinvolti nei comportamenti alimentari patologici, come la sovralimentazione“, conclude Christian Peters. “Ci sono numerosi fattori biologici che contribuiscono a un comportamento così complesso e dobbiamo esaminare i processi fisiologici per capire questi fattori“. In definitiva, queste conoscenze potrebbero portare a nuovi approcci terapeutici per alleviare i disturbi alimentari. Per il momento, la ricerca pone le basi per ulteriori studi volti a indagare come specifiche popolazioni di neuroni siano coinvolte nei circuiti neuronali che controllano l’alimentazione. Inoltre, aggiunge un altro importante tassello al puzzle della comprensione di come il cervello orchestra il comportamento.