Una delle peggiori patologie mentali che un gran numero di persone, uomo o donna, deve affrontare al giorno d’oggi è la depressione. Questa è una malattia che a lungo andare può portare alla degradazione dello spirito, all’abbandono della propria vita sociale e nei peggiori dei casi al suicidio. La depressione si può sviluppare anche da giovani e secondo una ricerca condotta dalla Binghamton University è più facile sviluppare questa patologia nel momento in cui sin d’adolescenti si vive in modo empatico e ci si lascia coinvolgere dalla tristezza altrui.
Notare i volti tristi degli altri porta alla depressione?
Secondo la ricerca della Binghamton University pubblicata poi sul Journal of Anormal Child Psycology, notare facilmente la tristezza e le espressioni tristi degli altri porta allo sviluppo della depressione in età adulta. Secondo il lavoro effettuato dai ricercatori, l’impatto dell’attenzione costante degli adolescenti per le manifestazioni mimiche facciali sia nel mondo reale sia in quello televisivo, e anche dinanzi alle simulazioni di laboratorio riesca a individuare un potenziale depresso. Infatti, i ricercatori hanno notato come chi ha un’attenzione maggiormente rivolta ai volti tristi è legata a delle reazioni depressive allo stress nel mondo reale.
Perché notare i volti e le espressioni tristi è negativo?
Se un adolescente tende a concentrarsi e prestare attenzione a stimoli di tipo negativo, nel momento in cui sperimenta una situazione stressante è possibile che abbia una risposta meno adattativa allo stress, mostrando un aumento dei sintomi della depressione. Questo è quanto ha rivelato il ricercatore che ha condotto l’analisi. Secondo lui: due adolescenti che litigano con un amico, se uno trascorre più tempo a prestare attenzione agli stimoli negativi mentre l’altro no. Il primo è più indotto a mostrare un aumento dei fattori depressivi in risposta ad un forte stress o dispiacere. I ricercatori hanno concluso che il meccanismo biologico che si trova alla base di questa ricerca sia da rintracciare nel controllo della reattività emotiva da parte del cervello.