Ogni anno milioni di interventi chirurgici vengono realizzati grazie all’aiuto dell’anestesia generale, ovvero quella tecnica medica che consente di “spegnere” lo stato di coscienza, in modo reversibile e controllabile.
Ebbene, i ricercatori stanno da tempo cercando di usare questo potente strumento per capire meglio come il cervello ricostituisce lo stato di coscienza e cognizione dopo le interruzioni causate dal sonno, le procedure mediche che richiedono l’anestesia e le disfunzioni neurologiche come il coma.
In un nuovo studio pubblicato sulla rivista eLife, un team guidato dagli anestesisti George Mashour, M.D., Ph.D. della University of Michigan Medical School, Michigan Medicine, Max Kelz, M.D., Ph.D. della University of Pennsylvania Medical School, e Michael Avidan, MBBCh della Washington University School of Medicine ha usato gli anestetici propofol e isoflurano per studiarne i modelli di risveglio.
Nello studio, 30 adulti sani sono stati anestetizzati per tre ore. La loro attività cerebrale è stata misurata con EEG e la loro attività sonno-veglia è stata misurata prima e dopo l’esperimento. Ad ogni partecipante sono stati somministrati test cognitivi – progettati per misurare la velocità di reazione, la memoria e altre funzioni – prima di ricevere l’anestesia, subito dopo il ritorno della coscienza, e poi ogni 30 minuti dopo.
Dinanzi a questo scenario, il team di studiosi ha quindi cercato di rispondere a diverse domande fondamentali. Ad esempio, come fa il cervello a svegliarsi dopo una profonda incoscienza? Avviene tutto in una volta o alcune aree e funzioni tornano prima in uno stato di funzionamento? Se sì, quali?
“Il modo con cui cervello si riprende dagli stati di incoscienza è importante dal punto di vista clinico, ma ci dà anche una visione della base neurale della coscienza stessa“, dice Mashour.
Ciò premesso, dopo l’interruzione dell’anestetico, e con i partecipanti che hanno ripreso conoscenza, sono iniziati i test cognitivi. Un secondo gruppo di controllo di partecipanti allo studio, che non ha ricevuto l’anestesia generale ed è rimasto sveglio, ha completato gli stessi test, nello stesso periodo di tempo.
Ebbene, analizzando l’EEG e le prestazioni dei test, i ricercatori hanno scoperto che il recupero della coscienza e della cognizione è un processo che si svolge nel tempo, non tutto in una volta. Con sorpresa dei ricercatori, una delle funzioni cerebrali che è tornata funzionante per prima è stata la risoluzione di problemi astratti, controllata dalla corteccia prefrontale, mentre altre funzioni come il tempo di reazione e l’attenzione hanno impiegato più tempo per recuperare.
“Anche se inizialmente sorprendente, ha senso in termini evolutivi che la cognizione superiore abbia bisogno di recuperare presto. Se, per esempio, qualcuno si stava svegliando per una minaccia, strutture come la corteccia prefrontale sarebbero importanti per categorizzare la situazione e generare un piano d’azione“, dice Kelz.
Le letture EEG hanno poi rivelato che le regioni frontali del cervello erano particolarmente attive nel momento del recupero. È importante notare che entro tre ore dall’essere profondamente anestetizzati per un periodo di tempo prolungato, i partecipanti sono stati in grado di recuperare le funzioni cognitive a circa lo stesso livello del gruppo che è rimasto sveglio durante quel periodo. Inoltre, il loro programma di sonno nei giorni successivi all’esperimento non sembrava essere influenzato.
“Questo suggerisce che il cervello umano sano è resistente, anche con un’esposizione prolungata all’anestesia profonda. Clinicamente, questo implica che alcuni dei disturbi della cognizione che spesso vediamo per giorni o addirittura settimane durante il recupero da anestesia e chirurgia – come il delirio – potrebbero essere attribuibili a fattori diversi dagli effetti persistenti dei farmaci anestetici sul cervello“, dice Avidan.