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Dare senso alla vita trovando uno scopo è necessario per essere felici?

C’è chi vive inseguendo un traguardo chiaro, chi ha il cosiddetto scopo da perseguire per dare un senso alla vita. In quanto è convinto che senza una direzione precisa l’esistenza perda di senso, e chi invece si affida al piacere del momento, trovando soddisfazione nella quotidianità senza preoccuparsi troppo di dove lo condurrà il futuro.

La psicologia positiva, negli ultimi decenni, ha discusso a lungo la relazione tra felicità e senso di scopo, due dimensioni che si intrecciano ma non sempre coincidono. Immaginiamo una persona come Roberto: giornate piene, lavoro esigente, famiglia che richiede attenzioni continue. Stress e stanchezza sembrano predominare, eppure, quando gli si chiede se rifarebbe le stesse scelte, lui risponde di sì.

La fatica è tanta, ma avverte che la sua vita contribuisce a un bene più grande, e questa sensazione lo sostiene. Roberto forse non si definirebbe “felice” in senso leggero, ma ha uno scopo che lo motiva.

Felicità e scopo: due volti distinti del benessere

Un recente lavoro svolto da Patrick McKnight e dai colleghi della George Mason University ha cercato di chiarire il rapporto tra queste due dimensioni. Lo studio ha definito la felicità come una valutazione complessiva e spontanea della propria vita, una sensazione che nasce più dall’esperienza emotiva che dalla riflessione.

Dare senso alla vita con uno scopo, al contrario, viene inteso come la percezione che ciò che facciamo abbia un significato profondo, collegato ai nostri valori, con obiettivi chiari e un impegno costante nel perseguirli. In altre parole: essere felici significa sentirsi bene, avere uno scopo significa sentirsi coinvolti. Entrambe le condizioni portano benessere, ma per vie diverse.

I risultati dello studio che mostra come queste dimensioni si influenzano tra loro

Per indagare come queste dimensioni si influenzino a vicenda, i ricercatori hanno seguito un campione di 303 adulti di età compresa tra i 18 e gli 81 anni.

Ai partecipanti sono stati somministrati questionari semplici ma significativi: uno per misurare il senso di scopo (“i miei piani per il futuro corrispondono ai miei interessi e valori”) e uno per la felicità (“alcune persone sono generalmente felici… quanto questa frase ti descrive?”).

I test sono stati ripetuti a sei mesi e a due anni di distanza. I risultati hanno confermato che chi è felice tende a restare tale e chi ha uno scopo ben definito mantiene quella traiettoria. Ma ciò che ha sorpreso è stato un altro aspetto: livelli più alti di felicità predicevano, a distanza di tempo, un rafforzamento del senso di scopo, più di quanto accadesse nel percorso inverso.

In sintesi, provare emozioni positive oggi aumenta le probabilità di costruire domani una vita guidata da obiettivi significativi.

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La felicità può aprire la strada a trovail senso alla vita

Gli autori spiegano questo legame sottolineando che la felicità crea una base emotiva sicura. Sentirsi bene permette di esplorare, rischiare, sperimentare strade nuove senza temere troppo la caduta. È come avere un terreno solido sotto i piedi: non elimina le difficoltà, ma offre una stabilità che consente di guardare avanti e investire in ciò che conta davvero.

Al contrario, vivere esclusivamente in funzione dello scopo può comportare un prezzo. Chi insegue obiettivi ambiziosi sa bene che il percorso è spesso costellato di frustrazioni, ostacoli e rinunce. In quei momenti, se manca un supporto emotivo fatto di soddisfazioni quotidiane, diventa difficile mantenere la rotta.

Ecco perché la ricerca invita a non pensare alla felicità come a un lusso superficiale, ma come a un carburante essenziale per affrontare la fatica insita nella realizzazione personale.

Piccole vittorie e grandi direzioni

Molte persone, quando sentono parlare di “scopo”, immaginano un progetto grandioso: cambiare il mondo, fondare un’impresa, lasciare un’eredità culturale o sociale. In realtà, la psicologia mostra che lo scopo della vita può anche coincidere con attività più semplici, purché coerenti con i propri valori e capaci di dare un senso di continuità.

Accudire i figli, prendersi cura di un familiare, coltivare una passione artistica: tutte queste esperienze, se vissute con intenzionalità, possono diventare fonte di significato.

La felicità, in questo contesto, non è opposta allo scopo ma ne rappresenta la compagna. Fermarsi a riconoscere le piccole vittorie quotidiane – un sorriso, un compito portato a termine, un momento di quiete – significa alimentare quella riserva emotiva che consente di perseverare anche quando gli obiettivi a lungo termine sembrano lontani.

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Essere felici o avere uno scopo?

La domanda di partenza era se per essere felici serva per forza uno scopo, o se, al contrario, la felicità possa vivere di vita propria. Lo studio di McKnight suggerisce che non occorre una scelta esclusiva. Una vita orientata solo al piacere rischia di rimanere fragile, priva di direzione, ma una vita esclusivamente orientata allo scopo rischia di logorarsi.

Il punto è trovare un equilibrio dinamico: nutrire la felicità presente per costruire basi solide, e allo stesso tempo orientarsi verso ciò che sentiamo importante per noi.

Alcuni trovano la loro direzione in un lavoro che li appassiona, altri nella famiglia, altri ancora nella creatività o nell’impegno sociale. Ciò che emerge però, è che la felicità quotidiana non è un dettaglio secondario, bensì un elemento che rende possibile coltivare uno scopo autentico.

About Silvia Faenza

Ciao sono Silvia Faenza, mi sono Laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali all'Università del Salento, nel 2014. Dal 2015 mi occupo della gestione dei contenuti per aziende e agenzie editoriali online, principalmente in qualità di ghostwriter, copywriter e web editor.

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