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Forse la depressione dipende dal nostro sistema immunitario

Per molto tempo abbiamo pensato alla depressione come a un problema esclusivamente cerebrale, legato principalmente agli squilibri dei neurotrasmettitori.

Oggi, però, la ricerca scientifica sta aprendo prospettive completamente nuove. Uno studio recente pubblicato su Advanced Science suggerisce che alcune forme di depressione potrebbero avere origine da un’alterata comunicazione tra sistema immunitario e cervello, offrendo nuove speranze soprattutto per chi non risponde ai trattamenti tradizionali.

Ciò che rende le ultime novità particolarmente interessanti è l’approccio integrato utilizzato dai ricercatori. Invece di analizzare un singolo aspetto, hanno esaminato contemporaneamente tre diversi livelli biologici negli stessi pazienti. Hanno studiato le proteine presenti nel sangue, l’attività genetica delle cellule immunitarie e persino creato modelli cerebrali in miniatura coltivati dalle cellule dei pazienti stessi. In questo modo è stato possibile vedere la presenza di connessioni che prima restavano invisibili.

I partecipanti allo studio erano donne con forme gravi di depressione maggiore, quelle che i clinici definiscono “resistenti al trattamento” e che spesso presentano caratteristiche atipiche. Si tratta di pazienti che hanno provato diversi antidepressivi senza ottenere miglioramenti significativi.

Il corpo è in uno stato di allerta permanente

I risultati hanno rivelato un quadro sorprendente. Nel sangue dei pazienti sono stati trovati livelli elevati di proteine associate all’infiammazione e alla risposta allo stress. Tra queste, una proteina chiamata DCLK3, che normalmente aiuta i neuroni a sopravvivere in condizioni difficili, e la C5, parte del sistema del complemento che rappresenta il primo livello di difesa immunitaria. Quando questa proteina è alta, significa che è in corso un processo infiammatorio.

Ma non è tutto. Analizzando le cellule immunitarie, i ricercatori hanno scoperto che i neutrofili e i monociti, che costituiscono la prima linea di difesa dell’organismo, erano costantemente attivati. Al contrario, i linfociti T e B, che formano la parte più specializzata del sistema immunitario, risultavano impoveriti.

Il sistema immunitario di queste persone funzionava come se fosse continuamente sotto attacco, anche in assenza di una malattia fisica evidente.

La presenza di mini-cervelli e le loro implicazioni

La parte più affascinante dello studio riguarda gli organoidi cerebrali. I ricercatori hanno prelevato cellule del sangue da una paziente, le hanno riprogrammate in cellule staminali e hanno coltivato strutture simili a tessuto cerebrale in miniatura. Confrontando questi mini-cervelli con quelli cresciuti da cellule di persone sane, le differenze erano notevoli.

Gli organoidi della paziente crescevano più lentamente e rimanevano più piccoli. Contenevano un numero inferiore di cellule progenitrici neurali, quelle destinate a diventare neuroni, e mostravano una maggiore morte cellulare. Quando i ricercatori hanno esposto entrambi i tipi di organoidi al dexametasone, un ormone sintetico simile al cortisolo che il corpo produce sotto stress, la risposta è stata radicalmente diversa. I mini-cervelli della paziente hanno reagito in modo molto più drammatico, con decine di geni che alteravano la loro attività, mentre quelli sani rimanevano relativamente stabili.

Il trauma lascia tracce biologiche profonde

Uno degli aspetti più significativi emersi dallo studio riguarda la storia personale dei pazienti. Le persone con depressione resistente mostravano un’esposizione significativamente maggiore a traumi rispetto al gruppo di controllo. Una connessione che non è certo casuale. Sappiamo da tempo che le esperienze avverse, specialmente nell’infanzia, hanno un impatto duraturo sulla salute in tutti i suoi aspetti. Quello che stiamo scoprendo ora è come il trauma rimodelli il sistema immunitario e come questo, a sua volta, influenzi il modo in cui il cervello funziona e risponde allo stress.

La vulnerabilità biologica allo stress potrebbe quindi essere una conseguenza diretta di esperienze traumatiche passate, creando un circolo in cui il corpo rimane in uno stato di allerta costante, interpretando ogni situazione come potenzialmente minacciosa.

Ci sono finalmente nuove prospettive per chi ne soffre

Per chi ha provato numerosi antidepressivi senza risultati, questa ricerca offre una spiegazione e una speranza. Alcune forme di depressione potrebbero operare attraverso meccanismi biologici completamente diversi da quelli su cui agiscono i farmaci tradizionali, che si concentrano principalmente sulla serotonina e altri neurotrasmettitori.

Evidentemente, questo apre la strada a trattamenti alternativi o complementari. Se l’infiammazione gioca un ruolo centrale in certi tipi di depressione, allora approcci anti-infiammatori, siano essi farmacologici o legati allo stile di vita, potrebbero offrire benefici dove i trattamenti convenzionali hanno fallito. Si tratta di un cambio di paradigma importante che potrebbe trasformare il modo in cui affrontiamo la salute mentale.

Corpo e mente devono essere coinvolte nel trattamento

Questo studio, pur essendo condotto su un campione limitato, conferma ciò che molti professionisti già intuivano. Non possiamo limitarci a guardare i sintomi superficiali della depressione. Dobbiamo considerare anche l’infiammazione cronica, il carico di stress accumulato nel tempo, la storia traumatica della persona e il funzionamento del suo sistema immunitario.

Non si tratta certamente di abbandonare le terapie psicologiche o i farmaci tradizionali, ma di riconoscere che la depressione è un fenomeno complesso che richiede un approccio integrato. Il futuro della salute mentale sta nel tessere insieme dimensione psicologica e biologica, creando protocolli di intervento che tengano conto di come questi sistemi comunicano e si influenzano reciprocamente.

About Roberto Rossi

Mi chiamo Roberto Rais, Giornalista pubblicista, da diversi anni  specializzato in tematiche legate alla psicologia, alla motivazione e al wellness psico-fisico. Collaboro con alcuni magazine online di settore, prestando la mia consulenza editoriale anche ad agenzie di stampa e siti web"

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