La sicurezza emotiva è la sensazione viscerale che con quelle persone, in quel posto, non dobbiamo avere paura di essere veramente chi siamo. Sentirlo con almeno una persona nella vita è fondamentale per la nostra salute emotiva.
Un bisogno primordiale
La sicurezza emotiva in realtà si basa su un bisogno ancora più elementare: la sicurezza fisica. Per ogni creatura sulla Terra, la sopravvivenza è sempre in cima alla lista, e spesso è tutt’altro che facile. Il mondo è pieno di cose che possono fare male o uccidere e abbiamo bisogno di un sistema ben sintonizzato per sentirci al sicuro.
Come esseri umani, così indifesi e vulnerabili, abbiamo sviluppato un modo principale per sentirci al sicuro: stare fisicamente vicini e connessi a un gruppo di altri esseri umani. Questo accadeva anche tramite le emozioni: amore, rabbia, paura, tristezza, felicità, vergogna e disgusto.
Quindi la sicurezza emotiva è originariamente legata alla stessa sopravvivenza fisica, e quindi molto intessuta nella nostra natura primordiale.
La presenza di sicurezza emotiva
Quando siamo emotivamente al sicuro con qualcuno, la frequenza cardiaca e la respirazione diminuiscono e possono anche sincronizzarsi con quelle dell’altra persona. I muscoli sono rilassati, esprimiamo più pensieri e sentimenti, sia positivi che negativi.
Provare questa sensazione con almeno una persona e preferibilmente con un gruppo di altri è ciò di cui abbiamo bisogno per sentirci bene e avventurarci nel nuovo e nell’ignoto.
La mancanza di sicurezza emotiva
Se la sicurezza emotiva deriva dal sentirsi amati e accettati per ciò che si è e sentirsi come ci si sente, l’insicurezza emotiva deriva dal suo opposto. Sentire che le persone che contano di più per noi o dalle quali dipendiamo maggiormente per la sopravvivenza non ci accettano per come siamo, e ci sminuiscono o ci ignorano.
Può anche derivare dalla mancanza di contatto fisico e conforto, specialmente quando è un bisogno che viene negato.
Le reazioni fisiche legate all’insicurezza emotiva sono simili a un “congelamento”. Tratteniamo il respiro, il corpo è teso, oppure entriamo in modalità attacco. Il rifiuto sociale attiva nel cervello lo stesso dolore di una ferita fisica.
La vita è piena di situazioni come queste, legate al lavoro, alla scuola o a una relazione disfunzionale o violenta. Oppure all’insicurezza emotiva provata durante l’infanzia. Si tratta di esperienze che lasciano cicatrici psichiche, sotto forma di reazioni emotive che cercano di proteggerci dal provare di nuovo quel tipo di dolore.
Queste stesse reazioni possono portare le persone a diventare ancora più isolate, ma per quanto dannose possano essere, sembrano sempre più sicure della vulnerabilità.
Le radici culturali
Troppo spesso nella società contemporanea riceviamo il messaggio che non dovremmo aver bisogno di nessuno, che le persone di successo “fanno da sole”. Abbiamo privatizzato anche i bisogni emotivi di sicurezza, connessione e appartenenza a una cerchia ristretta.
Soprattutto i giovani di oggi non si sentono abbracciati e protetti, perché abbiamo fatto della concorrenza il nostro unico riferimento, categorizzando le persone e ignorando il bisogno fondamentale di sentirsi accettati e degni di essere apprezzati.
Quando le persone si sentono cronicamente insicure, le loro emozioni si intensificano fino al punto di diventare spaventose per sé stessi e per gli altri. La sicurezza, che invece infonde la calma e la serenità, va costruita nelle nostre comunità oggi più che mai.
Il primo passo è trattarci con cura l’un l’altro. Non vuol dire non esprimere rabbia o sentimenti negativi, ma creare comunità in cui le nostre esperienze siano liberamente condivise e accolte, onorate e sostenute. Si tratta di rispettare la vulnerabilità propria e altrui.