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Social media: come influiscono sull’autostima delle persone?

I social media hanno cambiato in modo profondo il nostro modo di stare in relazione, di raccontarci e di guardarci allo specchio. Non sono semplicemente strumenti di comunicazione: sono ambienti in cui costruiamo un’immagine di noi stessi e, allo stesso tempo, osserviamo quella degli altri.

È proprio in questo spazio, apparentemente leggero e quotidiano, che l’autostima può trovare conferme ma anche incrinarsi, spesso senza che ce ne rendiamo conto. Gran parte delle persone trascorre sui social diverse ore alla settimana. Non si tratta solo di tempo “perso” o di abitudine, ma del risultato di piattaforme progettate per trattenere l’attenzione.

Scorrere contenuti, reagire con un “Mi piace”, commentare o semplicemente osservare diventa un gesto automatico, che si inserisce nei momenti vuoti della giornata e finisce per occupare uno spazio mentale molto più ampio di quanto immaginiamo.

Tra connessione e confronto

I social media possono essere luoghi di connessione autentica. Permettono di mantenere rapporti, scoprire nuove idee, sentirsi parte di una comunità. Pubblicare un contenuto e ricevere riscontri positivi può generare una sensazione di riconoscimento e appartenenza, che ha un effetto immediato sull’umore e, in alcuni casi, sull’autostima.

Questo meccanismo è spiegabile anche dal punto di vista psicologico. Gli esseri umani sono profondamente sensibili al feedback sociale: capire come veniamo percepiti dagli altri è sempre stato fondamentale per orientarsi all’interno di un gruppo. Quando ci sentiamo accettati, visti e apprezzati, la nostra autostima tende a rafforzarsi, perché la nostra posizione relazionale appare sicura.

Il problema emerge quando questo rinforzo diventa l’unica o principale fonte di conferma personale. I “Mi piace”, le visualizzazioni e i commenti sono segnali rapidi, intensi, ma anche effimeri.

L’effetto positivo tende a dissolversi velocemente, spingendo alcune persone a cercare nuove pubblicazioni, nuovi riscontri, in un ciclo che può diventare dipendente. In questi casi, l’autostima non si costruisce su basi interne, ma resta legata a un riscontro esterno instabile.

L’altra faccia: l’autostima che si incrina

Accanto agli aspetti positivi, i social media espongono a un confronto continuo. Scorrendo i feed, veniamo a contatto con una sequenza di successi, traguardi, corpi perfetti, relazioni felici, carriere in ascesa. È importante ricordare che ciò che viene condiviso online è quasi sempre una versione selezionata e idealizzata della realtà, ma il nostro cervello emotivo tende a dimenticarlo.

Il confronto con queste immagini può attivare la sensazione di essere inadeguati, in ritardo, meno capaci o meno realizzati. Questo tipo di confronto, definito confronto sociale ascendente, avviene quando ci misuriamo con persone che percepiamo come “migliori” di noi in qualche ambito. Nel contesto dei social, questo confronto è amplificato dalla quantità e dalla frequenza dei contenuti, che rende l’eccezione simile alla norma.

Non è raro che, dopo lunghi periodi di fruizione passiva, emergano emozioni come frustrazione, tristezza o insoddisfazione personale. In questi momenti, l’autostima può subire un calo, soprattutto se è già fragile o fortemente dipendente dal giudizio altrui.

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Le differenze individuali contano

L’impatto dei social media sull’autostima non è uguale per tutti. Entrano in gioco fattori personali che influenzano profondamente il modo in cui viviamo questi strumenti. Chi parte da una buona autostima di base tende a interpretare i contenuti online con maggiore distanza critica. Al contrario, chi ha una visione di sé più instabile può essere più vulnerabile agli effetti del confronto.

Un ruolo centrale è giocato dall’orientamento al confronto sociale, cioè la tendenza a osservare gli altri e a valutare sé stessi in base a ciò che fanno, mostrano o ottengono. Le persone con un alto orientamento al confronto sono più inclini a misurarsi costantemente con gli standard esterni e, di conseguenza, a sperimentare una riduzione dell’autostima durante l’uso dei social.

Anche il tempo trascorso sulle piattaforme fa la differenza. Un’esposizione prolungata, soprattutto se accompagnata da un confronto negativo, aumenta la probabilità di effetti indesiderati sul benessere psicologico. Tuttavia, non è solo una questione di quantità, ma anche di qualità dell’uso.

Uso attivo e uso passivo, l’importanza di fare una distinzione

Il modo in cui utilizziamo i social media incide più di quanto si pensi. L’uso attivo, che comprende la creazione di contenuti, l’interazione consapevole, il dialogo con gli altri, è generalmente associato a esiti più neutri o positivi. In questi casi, la persona partecipa, si esprime, mantiene un ruolo attivo nella relazione digitale.

L’uso passivo, invece, consiste prevalentemente nell’osservare: scorrere i post altrui, guardare storie, consumare contenuti senza interagire. Questo tipo di fruizione è più spesso collegato a sentimenti di confronto negativo, invidia e calo dell’umore. È il terreno ideale del cosiddetto doomscrolling, lo scorrimento compulsivo che lascia una sensazione di svuotamento più che di arricchimento.

Quando l’uso passivo diventa predominante, il rischio è quello di interiorizzare standard irrealistici e di costruire un’immagine di sé per sottrazione, basata su ciò che sembra mancare rispetto agli altri.

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Rafforzare un rapporto più sano con i social

I social media non sono, di per sé, né buoni né cattivi. La differenza sta nel modo in cui vengono integrati nella vita quotidiana e nel significato che assumono per la persona. Alcune attenzioni pratiche possono aiutare a ridurne l’impatto negativo sull’autostima.

Impostare limiti di tempo, ad esempio, non serve solo a “usare meno il telefono”, ma a recuperare una sensazione di controllo. Le notifiche che segnalano il tempo trascorso possono interrompere l’automatismo e riportare l’attenzione su una scelta consapevole.

Dare priorità a un coinvolgimento attivo, commentando, dialogando, condividendo contenuti che abbiano un significato reale, può ridurre il senso di passività e di confronto sterile. Allo stesso tempo, è utile ricordare, con una certa regolarità, che ciò che vediamo online è una narrazione parziale, spesso costruita per mostrare solo i momenti di successo.

Infine, coltivare spazi di autostima che non dipendano dal mondo digitale resta un passaggio fondamentale. Relazioni offline, attività che danno soddisfazione personale, obiettivi legati ai propri valori aiutano a creare una base più solida, meno esposta alle oscillazioni del consenso online.

Un equilibrio possibile

I social media possono rafforzare l’autostima quando favoriscono connessioni autentiche e scambi significativi. Possono indebolirla quando diventano uno specchio deformante, popolato da confronti continui e aspettative irrealistiche. Comprendere questa ambivalenza è il primo passo per costruire un rapporto più maturo e consapevole con questi strumenti. L’autostima, in fondo, non nasce dai numeri sotto un post, ma dalla capacità di riconoscere il proprio valore anche quando lo schermo si spegne.

About Silvia Faenza

Ciao sono Silvia Faenza, mi sono Laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali all'Università del Salento, nel 2014. Dal 2015 mi occupo della gestione dei contenuti per aziende e agenzie editoriali online, principalmente in qualità di ghostwriter, copywriter e web editor.

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