Con l’inizio del nuovo anno molte persone si dedicano ai buoni propositi e alla sfida di ricominciare da capo con nuovi obiettivi da raggiungere. Gli esperti in processi decisionali si sono interrogati a lungo sul problema di un effettivo cambiamento di comportamento.
Nudge: un approccio immediato
Un approccio che di recente ha visto un aumento di popolarità e sostegno politico globale è la cosiddetta strategia del nudging, coniata dal premio Nobel Richard Thaler e dal collega Cass Sunstein. I nudges descrivono i cambiamenti strategici nell’ambiente, che a loro volta provocano un cambiamento delle persone.
Un esempio standard riguarda la modifica della posizione di un oggetto in un supermercato. Gli articoli posizionati all’altezza degli occhi avranno maggiori possibilità di essere notati e quindi scelti.
Nudging non significa restrizione della scelta o coercizione. È stato chiamato anche “paternalismo libertario”, un modo gentile di indirizzare le scelte delle persone in una direzione migliore. Il suo potenziale è stato dimostrato in molti studi di ricerca sulle scelte alimentari, la pianificazione finanziaria, la salute e molti altri comportamenti che possono essere modificati con successo con semplici adattamenti al contesto decisionale.
Boost: un approccio sostenibile
Nonostante il suo ampio sostegno, anche il nudging ha suscitato alcune critiche, come il fatto di sminuire le capacità decisionali delle persone e cercare di manipolare il loro comportamento. Forse dovremmo invece concentrarci sul miglioramento delle competenze esistenti e consentire alle persone di fare scelte più informate.
Il boosting, o “potenziamento”, ha l’obiettivo di migliorare il giudizio delle persone e aiutarle a esercitare le proprie capacità, facendo ricorso a una serie di strategie che includono formazione, istruzione e comunicazione trasparente.
Invece di cercare di cambiare l’ambiente di scelta e guidare le persone, il boosting si propone di cambiare le competenze delle persone e consentire loro di fare scelte migliori da sole.
Le differenze tra nudging e boosting
Il confronto tra i due stili ha causato molti dibattiti tra gli scienziati comportamentali su alcune considerazioni.
Efficienza dei costi
Con budget pubblici limitati, il costo degli interventi comportamentali è una preoccupazione e in generale il nudging è spesso più semplice e meno costoso. Un semplice esempio consiste nella pittura di piccoli bersagli all’interno degli orinatoi maschili, sperimentato per la prima volta in un aeroporto di Amsterdam.
Generalizzabilità
È importante considerare le conseguenze più ampie di un intervento. Una critica al nudging consiste nel fatto che il suo impatto è limitato allo specifico contesto in cui è stato introdotto, mentre il boosting permette di creare abilità che si adattano a molteplici contesti.
Velocità di implementazione
Spesso la politica è alla ricerca di soluzioni rapide per cambiare alcuni comportamenti, come è successo durante la pandemia da Covid-19, e risulta migliore un approccio di nudging nel breve periodo.
Sostenibilità del cambiamento
Per qualunque cambiamento è importante il risultato a lungo termine degli sforzi. In questo aspetto il boosting ha un vantaggio sul nudging.
L’importanza del contesto
Non sembra quindi emergere un solo vincitore nel dibattito sulla spinta e sul potenziamento (nudge e boost). La loro rispettiva idoneità è strettamente dipendente dal contesto. I nudges in generale sono più adatti per scelte emotive, abituali o intuitive, guidate da un pensiero rapido e non analitico. Spesso gli interventi di nudging hanno il vantaggio di costare poco e offrire soluzioni rapide.
I boost, d’altra parte, sono più appropriati quando si tenta di modificare processi decisionali più consapevoli. Spesso hanno il potenziale per cambiamenti più sostenibili nel tempo e nei diversi contesti.
Comunque, le due tecniche non si escludono a vicenda, e adottare un approccio combinato può anche essere più efficace.