La ketamina, in qualità di farmaco anestetico, ha dimostrato – a basse dosi – di avere un rapido effetto sulla depressione che non è stata positivamente gestita con altri trattamenti. I ricercatori del Karolinska Institutet riferiscono infatti in uno studio recente di aver identificato un obiettivo chiave per il farmaco: specifici recettori della serotonina nel cervello. I loro risultati, pubblicati su Translational Psychiatry, fanno sperare in nuovi ed efficaci antidepressivi.
La depressione è la diagnosi psichiatrica più comune in Svezia dove è stato condotto lo studio, tanto che colpisce un uomo su dieci e una donna su cinque ad un certo punto della loro vita. Tra il 15 e il 30% dei pazienti non è aiutato dai primi due tentativi di terapia, e in questo caso la depressione diventa sensibilmente più difficile da trattare.
Ebbene, gli studi hanno dimostrato che le basse dosi del farmaco anestetico ketamina agiscono rapidamente su alcuni pazienti, tanto che uno spray nasale contenente ketamina è stato recentemente approvato negli USA e in area UE per i pazienti con depressione resistente ai primi trattamenti.
Per saperne di più, i ricercatori del Karolinska Institutet hanno ripreso i cervelli dei partecipanti allo studio utilizzando una telecamera PET (tomografia ad emissione di positroni) in relazione al trattamento con ketamina.
“In questo, il più grande studio PET del suo genere al mondo, abbiamo voluto osservare non solo l’entità dell’effetto, ma anche se la ketamina agisce tramite i recettori della serotonina 1B“, dice il primo autore dello studio Mikael Tiger, ricercatore presso il Dipartimento di Neuroscienze Cliniche del Karolinska Institutet. “Noi e un altro team di ricerca siamo stati precedentemente in grado di mostrare una bassa densità di recettori della serotonina 1B nel cervello delle persone con depressione”.
Nella prima fase dello studio, 30 persone con depressione difficile da trattare sono state assegnate a caso a un gruppo di infusione di ketamina (20 individui) o a un gruppo di placebo (salina). Si è trattato di uno studio randomizzato in doppio cieco, quindi né il paziente né il medico sapevano inizialmente chi aveva ricevuto il principio attivo. Il cervello dei partecipanti è stato ripreso con una telecamera PET prima dell’infusione e 24-72 ore dopo.
Nella fase successiva, coloro che lo desideravano (29 persone) hanno ricevuto la ketamina due volte alla settimana per due settimane. Il risultato è stato che oltre il 70% delle persone trattate con ketamina ha risposto al farmaco secondo una scala di valutazione per la depressione.
La serotonina gioca un ruolo chiave nella depressione e si pensa che i bassi livelli siano collegati a malattie più gravi. Ci sono 14 diversi tipi di recettori per questo neurotrasmettitore sulla superficie dei neuroni. Per le loro immagini PET, i ricercatori hanno utilizzato un marcatore radioattivo che si lega specificamente ai recettori della serotonina 1B. Hanno scoperto che la ketamina operava attraverso questi recettori in un meccanismo d’azione precedentemente sconosciuto. Legarsi a questo recettore riduce il rilascio di serotonina ma aumenta quello di un altro neurotrasmettitore chiamato dopamina. La dopamina fa parte del sistema di ricompensa del cervello e aiuta le persone a provare sentimenti positivi sulla vita, qualcosa che spesso manca nella depressione.
“Mostriamo per la prima volta che il trattamento con ketamina aumenta il numero di recettori della serotonina 1B“, afferma l’ultimo autore dello studio Johan Lundberg, leader del gruppo di ricerca presso il Dipartimento di Neuroscienze Cliniche, Karolinska Institutet. “La ketamina ha il vantaggio di essere ad azione molto rapida, ma allo stesso tempo è una droga di classe narcotica che può portare alla dipendenza. Quindi sarà interessante esaminare in studi futuri se questo recettore può essere un bersaglio per nuovi farmaci efficaci che non hanno gli effetti avversi della ketamina”.
Lo studio è stato condotto in collaborazione con la North Stockholm Psychiatry ed è stato finanziato dal Consiglio svedese per la ricerca, dalla Söderström König Foundation, dal Centre for Psychiatry Research, dalla Regione di Stoccolma, dalla Swedish Psychiatric Foundation e dal Karolinska Institutet.