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La tecnica del combatti e fuggi può servire durante un’aggressione?

Quando si viene aggrediti, nella maggior parte dei casi non si ha la forza di reagire. Approfondiamo questa tematica molto delicata in questo breve articolo.

Atteggiamenti e comportamenti aggressivi nell’epoca attuale

La criminalità e la delinquenza sono in costante crescita e la probabilità di essere aggrediti, soprattutto per le donne, è sempre più alta ogni giorno che passa.

Ogni giorno sono tantissime le notizie di aggressioni che vengono diffuse da notiziari e giornali, e spesso la vittima coinvolta non riesce ad opporre resistenza ai suoi aggressori, ma finisce per congelarsi e bloccarsi continuamente.

Effettivamente cercare di ribellarsi e combattere può essere rischioso soprattutto se si è in inferiorità numerica e allo stesso tempo scappare può rivelarsi un’impresa ardua se non impossibile.

A fronte della violenza subita, la vittima si sente colpevole dell’accaduto, anche se tutto ciò non dipende in alcun modo dalla sua volontà.

Il principio della lotta e della fuga

La regola di sopravvivenza basata sulla filosofia del combatti o fuggi risale a tempi molto antichi, quando lo scienziato Cannon si occupò di studiare i comportamenti involontari effettuati dal corpo in seguito ad un’aggressione.

Dagli studi da lui condotti è emerso che il corpo tende ad adottare delle tecniche che possono garantire la sopravvivenza dell’individuo.

Per incentivare questa risposta più parti del corpo vengono sollecitate, al fine di intervenire in maniera pronta ed efficace.

Adottare la tecnica del mordi e fuggi è rischioso o positivo?

Adottare questi schemi potrebbe però avere delle conseguenze negative in diverse occasioni, anche se ovviamente si tratta di risposte involontarie che scattano in maniera immediata, senza utilizzare la ragione o la consapevolezza.

Ciò porta alla creazione di pensieri più approfonditi, secondo i quali chi attua questa tecnica innescherebbe dei comportamenti sbagliati che potrebbero essere fraintesi dalla comunità, ma del resto il corpo e il cervello attivano una modalità di sopravvivenza che esula da ogni preconcetto.

I riflessi di sopravvivenza

I riflessi di sopravvivenza fanno parte dell’uomo sin dalla nascita, in quanto non si apprendono ma essi risultano essere innati.

Essi nascono dai nostri antenati, in quanto essi necessitavano di sopravvivere a condizioni molto più estreme delle nostre e dovevano essere realmente pronti a tutto.

Il congelamento ad esempio, è un istinto di sopravvivenza che avviene in una situazione di pericolo che richiede una forte riflessione prima di passare all’azione.

In questo frangente di tempo bisogna porsi domande e trovare risposte al fine di individuare come comportarsi e come reagire dinanzi alle avversità.

Il corpo si irrigidisce fino ad immobilizzarsi, tanto da far rallentare moltissimo il battito cardiaco e la pressione sanguigna.

Anche la dissociazione fa parte di questa categoria, in quanto ci si isola consapevolmente dai pensieri e dalle emozioni, in modo da avere la mente più lucida e prendere decisioni più ferme e razionali.

Auto proteggersi in certi momenti è fondamentale, soprattutto in caso di violenza sessuale, anche se spesso ciò comporta la manifestazione di comportamenti passivi in grado di sottomettere gli individui ed annullarne la personalità.

In questo modo però si bloccano tutti quei comportamenti che potrebbero suscitare reazioni ambigue, ottenendo un cospicuo aumento delle possibilità di sopravvivenza.

About Silvia Faenza

Ciao sono Silvia Faenza, mi sono Laureata in Scienze Politiche e Relazioni Internazionali all'Università del Salento, nel 2014. Dal 2015 mi occupo della gestione dei contenuti per aziende e agenzie editoriali online, principalmente in qualità di ghostwriter, copywriter e web editor.

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