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Tendenze al suicidio, nuovo studio scopre relazioni celebrali

I ricercatori dell’Università dell’Illinois di Chicago e dell’Università dello Utah sostengono di aver identificato differenze nei circuiti cerebrali che potrebbero essere associate a comportamenti suicidi in individui con disturbi dell’umore. Lo studio, pubblicato su Psychological Medicine, fornisce così una promettente linea – guida verso la realizzazione di tecniche che possano prevedere quali individui siano a più alto rischio di suicidio.

Lo studio esordisce rammentando come i tassi di suicidio siano in costante aumento tra i giovani adulti, e specialmente tra quelli che soffrono di disturbi dell’umore come la depressione. Più della metà delle persone che sono andate incontro al suicidio hanno contattato uno specialista nei 30 giorni precedenti, ma non necessariamente hanno cercato di prendersi cura dei propri problemi dell’umore. I reparti di emergenza e le cliniche di cure urgenti potrebbero dunque porre domande più specifiche di screening sull’umore e monitorare le risposte del paziente, se necessario, al fine di intercettare meglio le situazioni più problematiche.

Al momento, disponiamo di pochissimi strumenti per identificare gli individui che possono essere ad alto rischio di comportamenti correlati al suicidio“, ha dichiarato Scott Langenecker, professore di psichiatria presso l’Università dello Utah e autore senior sullo studio. “Questo è uno dei primi studi che cerca di capire i meccanismi cerebrali che possono essere rilevanti per il rischio di suicidio“, ha detto Jonathan Stange, assistente professore di psichiatria all’UIC e primo autore dello studio.

Lo studio di medicina psicologica ha utilizzato la risonanza magnetica funzionale dello stato di riposo, che ha ritratto le immagini cerebrali mentre i partecipanti erano in stato di riposo e calma, al fine di valutare la connettività di questi circuiti in 212 giovani adulti.

Ebbene, “per i fattori di rischio coinvolti nel suicidio, i compiti che dobbiamo misurare sono piuttosto aspecifici e inesatti“, ha detto Langenecker. “Se andiamo al livello delle reti dello stato di riposo, stiamo chiedendo al cervello di dirci quali sono le reti e le connessioni cerebrali più rilevanti”.

La popolazione dello studio comprendeva individui con disturbi dell’umore e una storia di tentativi di suicidio, quelli con disturbi dell’umore e una storia di pensieri suicidi, quelli con disturbi dell’umore e nessuna storia di comportamenti o pensieri suicidi, e quelli sani. Tutti i partecipanti allo studio con disturbi dell’umore erano in fase di remissione.

Ebbene, rispetto ad altri partecipanti allo studio – anche quelli con disturbi dell’umore e una storia di pensieri suicidi – quelli con una storia di tentativi di suicidio hanno mostrato meno connettività nel CCN e tra il CCN e DMN, circuiti neurali associati con controllo cognitivo e impulsività.

Queste differenze potrebbero presentare un target per il trattamento, ad esempio, con approcci neuromodulatori. “Se riuscissimo a capire come migliorare la connettività all’interno di questo circuito cerebrale, potremmo essere in grado di ridurre il rischio di suicidio in futuro“, ha detto Stange.

About Roberto Rossi

Mi chiamo Roberto Rais, Giornalista pubblicista, da diversi anni  specializzato in tematiche legate alla psicologia, alla motivazione e al wellness psico-fisico. Collaboro con alcuni magazine online di settore, prestando la mia consulenza editoriale anche ad agenzie di stampa e siti web"

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