Molte persone arrivano in terapia quando iniziano a rendersi conto che avere un sovraccarico di informazioni può non essere una cosa buona, specialmente quando si tratta di sé.
Si sentono piene di problemi, sono eccessivamente preoccupate per la propria salute mentale, rimuginano sui più piccoli cambiamenti e si interrogano sull’origine dei loro problemi.
La nostra cultura e i nostri media hanno iniziato a enfatizzare fortemente l’autoconsapevolezza, e per alcuni questo non è positivo. La consapevolezza di sé ha tanti vantaggi: regolazione emotiva, sana definizione di limiti e confini, salute mentale, per citarne alcuni.
Tuttavia, non è sempre la soluzione adatta a tutti i problemi che potremmo incontrare. Troppa consapevolezza, infatti, potrebbe generare ulteriori problemi. Tra questi il pensiero eccessivo, la paranoia e l’egocentrismo. Di seguito alcuni segnali che potrebbero voler dire che la nostra consapevolezza sta sfuggendo di mano.
Perfezionismo e autocritica
La consapevolezza di sé solitamente è utilizzata come strumento per la crescita personale e il miglioramento della propria vita. Può aiutare a entrare in contatto con la propria vita interiore e aggiungere sfumature al modo in cui vediamo noi stessi.
Tuttavia, se portata all’estremo, può alimentare tendenze di perfezionismo. Può aumentare l’autocritica e l’autovalutazione, spesso negativa, di un individuo.
I perfezionisti che sono altamente consapevoli di sé cercano di esaminare costantemente i propri pensieri, sentimenti e comportamenti alla ricerca di eventuali imperfezioni e debolezze. Tutto ciò può portare a un ciclo di estrema insicurezza e autocritica che può essere difficile da interrompere.
La perfezione, soprattutto quando diretta verso se stessi, può anche portare alla depressione. Un chiaro segnale che potremmo aver bisogno di ridurre la dose di autoconsapevolezza è non essere in grado di lasciare che le cose vadano, o lasciarle andare.
Se non riusciamo a esaminare aspetti di noi senza volerli correggere o aggiustare, forse sarebbe meglio non conoscerli neanche. Se l’impulso non scompare potremmo aver bisogno di un professionista della salute mentale che aiuti a contenere l’eccessivo perfezionismo.
Mettere se stessi sopra tutto il resto
La consapevolezza di sé, nello scenario migliore, dovrebbe fornirci una prospettiva corretta su come trattiamo noi stessi e gli altri. Tuttavia, un errore comune è quello di preoccuparsi completamente della propria visione senza prestare attenzione a quella di chi ci circonda.
Per esempio, la mindfulness è uno strumento potente che, tra le altre cose, aiuta a costruire la consapevolezza di sé. Uno studio pubblicato sul Journal of Personality and Social Psychology suggerisce però che la mindfulness potrebbe non funzionare per quanto riguarda il mantenimento delle relazioni.
La pratica può infatti ridurre i sensi di colpa, che potrebbe essere ottimale a livello personale, ma può anche creare barriere nelle relazioni con le persone circostanti. Essere concentrati sul sentirsi meglio o sull’analisi della propria situazione può infatti portare a dimenticare come il nostro comportamento fa sentire gli altri.
Quindi, possiamo immaginare i danni che questa eccessiva consapevolezza può provocare nelle mani di un perfezionista o di un narcisista. Se aiuta noi ma danneggia gli altri, forse è il momento di fermarsi e rivedere il percorso.
Un’arma a doppio taglio
La consapevolezza di sé è una tra le tante frecce della nostra faretra della salute mentale. Trattarla come una panacea per tutti i problemi e le situazioni rischia di portare a risultati deludenti.
È importante ricordare sempre di ascoltare anche le persone che ci amano e che vogliono il meglio per noi, soprattutto quando il senso di autocoscienza ci sta portando fuori strada e rischia di danneggiare quello che era invece un intento di benevolenza.