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Le apnee notturne possono determinare danni al cervello simili a quelli dell’Alzheimer

Alcune nuove ricerche hanno confermato i già noti legami tra l’apnea del sonno e il morbo di Alzheimer, scoprendo identici segni di danni cerebrali in entrambe le condizioni.

Sebbene la causa del morbo di Alzheimer rimane un mistero, non lo è il fatto che le placche amiloidi che sono tossiche per le cellule cerebrali siano concreti noti indicatori della malattia. Partendo da questo presupposto, un nuovo studio clinico condotto dall’Università RMIT, e pubblicato sulla rivista Sleep, ha scoperto che queste placche iniziano nello stesso “luogo”, e si diffondono nello stesso modo, nel cervello delle persone con apnea ostruttiva del sonno, e in quelle con il morbo di Alzheimer.

Il coordinatore della ricerca, il professor Stephen Robinson, ha affermato che da tempo gli scienziati sapevano che le due malattie erano correlate, ma non erano ancora stati in grado di comprendere quale fosse la connessione tra le due condizioni.

Sappiamo che se si soffre di apnea del sonno a metà della vita, è più probabile che si sviluppi l’Alzheimer quando si è più vecchi, e se si ha l’Alzheimer è più probabile che si abbia l’apnea del sonno rispetto ad altre persone della propria età“, ha detto. “La connessione c’è, ma districarne le cause e i meccanismi biologici rimane una sfida enorme. Il nostro studio è il primo a trovare placche amiloidi simili all’Alzheimer nel cervello di persone con apnea notturna ostruttiva clinicamente verificata”.

Ma perché si tratta di una interessante e rilevante scoperta? Per Robinson, si tratta di un importante progresso nella comprensione dei legami tra queste condizioni, tanto che può aprire nuove direzioni per quei ricercatori che si sforzano di sviluppare terapie per il trattamento e, si spera, la prevenzione del morbo di Alzheimer.

Più nel dettaglio, lo studio ha scopeto che il trattamento con la pressione positiva continua delle vie aeree – l’approccio standard per l’apnea del sonno da moderata a grave – non ha fatto alcuna differenza per la quantità di placche trovate nel cervello.

Ricordiamo che l’apnea ostruttiva del sonno è una condizione grave che si verifica quando la respirazione di una persona viene ripetutamente interrotta durante il sonno. Si tratta di una condizione sempre più comune nel mondo, tanto che colpisce più di 936 milioni di persone e fino al 30% degli anziani.

L’Alzheimer,  dal canto suo, è la forma più comune di demenza, in grado di colpire fino al 70% di tutte le persone affette da demenza, con l’età che rappresenta il più grande fattore di rischio per lo sviluppo della malattia.

Il nuovo studio ha studiato l’estensione degli indicatori dell’Alzheimer nei tessuti autoptici dell’ippocampo di 34 persone e nei tessuti cerebrali di 24 persone con apnea ostruttiva, indagando sia sulla presenza di placche amiloidi che di grovigli neurofibrillari, un altro indicatore noto della malattia di Alzheimer.

Nella malattia di Alzheimer, infatti, placche e grovigli appaiono prima in una zona corticale vicina e poi si spostano nell’ippocampo, prima di diffondersi al resto della corteccia. Sebbene lo studio abbia trovato sia placche e grovigli nel cervello di persone affette da apnea del sonno, le placche hanno mostrato una più forte associazione con l’apnea del sonno grave.

Nei casi di lieve apnea del sonno, abbiamo potuto trovare placche e grovigli solo nella zona corticale vicino all’ippocampo, proprio dove si trovano per la prima volta nella malattia di Alzheimer“, ha proseguito Robinson. “Sebbene alcune persone possono aver avuto un lieve deterioramento cognitivo o demenza non diagnosticata, nessuno aveva sintomi che erano abbastanza forti per una diagnosi ufficiale, anche se alcuni avevano una densità di placche e grovigli che erano sufficientemente alti per qualificarsi come malattia di Alzheimer,” ha detto Robinson.

A questo punti i ricercatori vogliono spingersi ancora oltre. “La prossima fase della nostra ricerca sarà quella di continuare ad analizzare questi campioni per ottenere una piena comprensione della neuropatologia, compresi i segni di infiammazione e i cambiamenti nei vasi sanguigni che forniscono nutrienti al cervello. La dimensione del campione per questo studio è stata limitata, quindi vorremmo anche lavorare per stabilire uno studio clinico con una coorte più ampia” – ha concluso il ricercatore.

About Roberto Rossi

Mi chiamo Roberto Rais, Giornalista pubblicista, da diversi anni  specializzato in tematiche legate alla psicologia, alla motivazione e al wellness psico-fisico. Collaboro con alcuni magazine online di settore, prestando la mia consulenza editoriale anche ad agenzie di stampa e siti web"

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