Uno studio pubblicato dal Journal of Individual Differences ha riportato una scoperta contro-intutiva. Ossia secondo loro i genitori che hanno degli elevati livelli d’intelligenza emotiva hanno più probabilità di diventare “cattivi” genitori. In generale, pensiamo che l’intelligenza di tipo emotivo sia una cosa positiva, in quanto questa è vista come un comportamento protettivo. Infatti, ci sono anche alcuni programmi genitoriali che aumentano l’intelligenza emotiva dei genitori, come beneficio per i figli. Questo studio però ha voluto approfondire l’argomento oltre che l’interazione che un’emotività eccessiva può avere con l’educazione dei propri figli.
Le analisi di regressione e moderazione sul burnout genitoriale
Lo studio ha intervistato 1428 genitori, il cui 91% erano madri. Agli intervistati è stato richiesto di completare due scale: il profilo di competenza emotiva e valutazione del burnout parentale. Dopo di ché è stata effettuata un’analisi multipla sulla moderazione e regressione dell’intelligenza emotiva e la relazione con il proprio essere genitori. Come previsto, i ricercatori hanno identificato come uno specifico tipo di emotività nei genitori prediceva anche il loro burnout. Quindi l’emotività e l’empatia insegna ai genitori a leggere accuratamente le emozioni dei propri figli. Però se le competenze emotive interpersonali eccessive nel tempo è stato delineato come potessero diventare tossiche.
L’effetto tossico di un’eccessiva emotività genitoriale
Un’eccessiva emotività genitoriale può portare a risultati deleteri. In quanto, leggere l’emozioni dei bambini può portare a reazioni negative dei genitori nei confronti dei loro figli. In quanto, un genitore che avverte in maniera eccessiva ciò che prova il figlio, lo può portare a trascurare le sue esigenze per prendersi cura del proprio bambino. Arrivando a un punto in cui non si ha più un’identificazione personale in quanto persona, ma ci si fa alienare dalle emozioni del proprio figlio. Portando di conseguenza a reazioni deleterie, eccesso di ansia e stress e ideazione di fuga dalla genitorialità, amplificando l’angoscia propria e riversandola poi in modo incorretto sul proprio figlio.